Epitteto affermava che la socialità è un aspetto fondamentale del nostro essere umani, non solo perché apprezziamo stare in compagnia di altre persone, ma anche e soprattutto perché non possiamo davvero esistere e vivere senza l’aiuto degli altri.

Da questo ragionamento ne consegue che quando facciamo qualcosa per il bene della società stiamo anche, indirettamente, beneficiando noi stessi.

Ma a sintetizzare meglio di ogni altro autore e filosofo la dottrina stoica riguardo a questo argomento è stato Ierocle, un filosofo greco del II secolo, nei suoi Elementi di Etica, opera di cui purtroppo abbiamo solo pochi frammenti.

Ecco la sua formulazione:

Ciascuno di noi è come se fosse circoscritto da molti cerchi […]. Il primo cerchio, che è il più vicino, è quello che un individuo traccia intorno alla propria facoltà intellettiva come attorno a un centro. […] Il secondo cerchio, che è più distante dal centro ma che circoscrive il primo cerchio, è quello in cui si situano genitori, fratelli, moglie e figli. […] Immediatamente dopo viene quello che include i compagni di demo, poi quello dei compagni di tribù, quindi quello dei concittadini. […] Ma il cerchio più lontano e più ampio, che circoscrive tutti gli altri, è quello che abbraccia l’intero genere umano. […] Quando ciò sia stato considerato, è possibile, in accordo con il comportamento che occorre tenere con ciascuno di questi gruppi, trarre i cerchi per così dire verso il centro, impegnandosi costantemente e con grande zelo a trasporre quanti si trovano nei cerchi più esterni in quelli più interni.

Essendo uno stoico, e quindi interessato ai risvolti pratici, Ierocle consigliava anche di adottare comportamenti che ci aiutassero a interiorizzare l’idea che dovessimo preoccuparci di tutti gli individui contenuti nei diversi cerchi.

Per esempio, raccomandava ai suoi discepoli di considerare gli sconosciuti alla stregua di “fratelli” e “sorelle” o, quando più anziani, “zii” e “zie“, per non dimenticare mai che dovremmo trattare gli altri come se fossero nostri parenti, giacché la ragione ci insegna che, per così dire, ci troviamo tutti sulla stessa barca.

Ancora oggi ritroviamo consuetudini simili in numerose culture che condividono la posizione di Ierocle sulla psicologia umana pur essendoci giunte in modo indipendente.

Il cosmopolitismo stoico rappresentato da Ierocle attraverso una serie di cerchi concentrici che descrivono diversi livelli di relazioni personali. L’idea è esercitarsi a trattare gli individui dei cerchi più esterni come trattiamo le persone comprese in quelli più interni.

Gli stoici perfezionarono questo concetto di progresso morale e lo definirono oikeiosis, vocabolo tradotto sovente con “familiarizzazione” con gli interessi e le preoccupazioni altrui, ovvero la loro «appropriazione» come se fossero i nostri. Ciò li portò (insieme con i filosofi cinici che li precedettero di poco e che li influenzarono profondamente) a coniare e impiegare un termine che conserva ancora tutta la sua pregnanza anche nel moderno vocabolario: cosmopolitismo, che letteralmente indica l’atteggiamento di chi si riconosce “cittadino del mondo“.

O, come avrebbe detto Socrate, ossia il pensatore che più di ogni altro avrebbe influenzato tutte le correnti filosofiche elleniche: “Non dire mai, a chi chiede da che paese si venga, di essere originario di Atene o di Corinto, ma [rispondi] di essere cittadino del mondo”.

Bibliografia:
– Come essere stoici di Massimo Pigliucci

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Commenti di: La regola d’oro stoica: siamo cittadini del mondo

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